giovedì 15 novembre 2007

Incidenti lavoro: operaio muore cadendo da tetto

Venezia: copertura di un capannone ha ceduto improvvisamente
(ANSA) - VENEZIA, 14 NOV - Un operaio veneziano di 60 anni, Mario Pradissitto, e' morto questo pomeriggio cadendo dal tetto di un capannone industriale. L'incidente e' avvenuto a San Michele al Tagliamento (Venezia) in una rimessa per autocarri. L'uomo, dipendente di una ditta di coperture industriali, si trovava con altri due colleghi sul tetto dello stabile per eseguire una riparazione. La copertura in lamiera ha ceduto improvvisamente. Gli altri due operai sono rimasti illesi.


Questa la notizia, e ce ne sono tante così, ogni giorno si può dire. Allora sorge spontanea la domanda: perchè i media non danno altrettanto rilievo ai fatti di questa natura come a quelli di cronaca più o meno nera ? Mi riferisco alla morte del giovane "tifoso laziale" ucciso dal poliziotto ed alle immagini riportate da giornali e TV sui funerali di ieri a Roma: centinaia e centinaia di giovani in lacrime, gente commossa, fiumi di parole, autorità e così via. Perchè non si fa lo stesso per i morti ammazzati a causa del lavoro ? Che razza di paese è il nostro, in cui in un solo giorno cadono uccisi 5 lavoratori (come qualche settimana fa) e nessuno si scandalizza ? Dove sono i media, le autorità, i fiumi di parole e di immagini ? La mia conclusione è una sola: che schifo !

4 commenti:

marcopilotto ha detto...

Sono pienamente d'accordo con te, Lupo. La situazione e` proprio come la descrivi. Non so in base a quale meccanismo sia stato affibiato alle "morti bianche" questo epiteto: come mai sia stato scelto il bianco come colore adatto per descrivere questo modo di lasciare il mondo; viene da pensare in ogni caso come il bianco sia un colore anonimo, neutro, senza identita`, che puo` anche mettere a disagio, spaventare, come i fantasmi, che sono anch'essi, come si sa, bianchi. E fantasmi sembrano essere queste vittime a volte del destino, della sfortuna, a volte della trascuratezza e spesso, immagino, anche dello sfruttamento. Essi non attirano le attenzioni dei crimini, soprattutto se passionali, che riempono le pagine dei giornali ed invadono i canali informativi. Questo e` comprensibile, dietro ogni crimine si nascondono emozioni, turbamenti, passioni, amori ed odi che attirano la nostra morbosa curiosita`, che scatenano in noi una feroce repulsione o, magari solo inconsciamente, una nostra indicibile empatia. Non solo: la cronaca nera, come denunciava gia` Pasolini 40 anni fa, e` un importante strumento di analisi della societa` che ci circonda e dovrebbe essere tenuto in piu` alta considerazione invece di essere snobbato e relegato come giornalismo di serie B. Certo Pasolini non poteva immaginare che la cronaca nera sarebbe cresciuta al punto quasi da soppiantare perfino la politica. Il problema e` che, in ogni caso, l'analisi giornalistica tende a fermarsi ad un livello di comprensione superficiale dell'evento. Dettagliato fino alla nausea nell'inutile eppure inconcludente nell'essenziale. I morti dalle impalcature invece sono solo vittime di incidenti, sono cifre vuote, astratte, anonime, "bianche". E come disse una volta Stalin: "La morte di un uomo e` una tragedia, quella di milioni non e` che una statistica". E lui se ne intendeva.

Anonimo ha detto...

Perchè il pensiero comune non considera eccezionale morire sul lavoro? Anni fa, passando per una galleria ho notato una lapide, con almeno 20 nomi, che ricordava enfaticamente i caduti per "il compimento dell'opera", da quel momento ho pensato che per i più i morti sul lavoro sono fatti privati, che il lavoro è una guerra, quindi con perdite compatibili, che la vita umana ha un prezzo, neppure alto. Questa non è solo cronaca nera, è necrologio. Far diventare la sicurezza un obbligo competitivo è una necessità sociale, ma non vedo molto oltre ai generici appelli e condoglianze. e spesso neppure quelli. Il limite della barbarie non lo stabilisce l'animale. e noi viviamo in un ambiente che pensa in un modo e agisce in un altro. Chissà cosa avrebbe pensato Pasolini, anche lui poi oggetto di cronaca nera, dell'arretramento delle speranze.

Anonimo ha detto...

LE ISTITUZIONI
rappresentative di una democrazia costituzionale dovrebbe impegnarsi a risolvere le esigenze elementari dei cittadini,tanto più se attengono al "diritto alla vita",diritto universale e primario inalienabile.Sembrerebbe lapalissiano,ma non è così.Le dinamiche e le logiche del cosiddetto "neoliberalismo"-in realtà un imperialismo aggressivo,devastante e bugiardo-impediscono che le istituzioni di qualsiasi livello-o qualche politico più sensibile-possano occuparsi dei problemi vitali delle persone e dei popoli.Una sciagura che ha qui in Italia il suo massimo,per una serie di ragioni storiche e strutturali.Così il sistema,invece che vita,benessere,salute e dignità,diffonde devastazioni (umane e ambientali),stragi...in una parola,MORTE.Crescono impunemente,ed a valanga,le morti nelle guerre di aggressione,le morti sul lavoro,quelle per fame,per mancanza di alloggio e di solidarietà,per dissesti ambientali,...le "stragi sulle strade"Nel 2005,6000 morti e 313.727 feriti,con un costo sociale enorme;una ecatombe sociale vissuta come un dramma personale e familiare "inevitabile".Hanno la faccia tosta di dirci che sono"i costi del progresso",ma si guardano bene dal definire questo termine che significa l'opposto di ciò che essi reclamizzano.Mentre queste cose accadono i nostri politici ed i loro imbonitori discettano sulla "vita dell'embrione" e sulla "eliminazione della pena di morte" per condanna giudiziaria; quanta ipocrisia! Nel nostro paese la condanna a morte "giudiziaria"non esiste (ancora),ma le reali condanne a morte aumentano a dismisura ovunque-per le cause indicate-sia nei Paesi aggressori che in quelli aggrediti.Perciò latitanza,ipocrisia e cinismo caratterizzano l'inerzia-o al contrario-le azioni della politica nostrana.E così per tutte le stragi indicate,anche per quelle che non hanno motivazioni ideologiche o di classe.E' il caso delle "stragi sulle strade e nelle città italiane",un ben triste primato sociale europeo,ignorato dai più o trattato come un "normale" evento di cronaca nera.E' parte della cronaca nera "di comodo" che egemonizza giornali e TV; serve a creare assuefazione passiva verso tutte le stragi,a diffondere paure irrazionali e impulsi forcaioli di "sicurezza",a censurare notizie "scomode" per il sistema dominante.Così i cittadini stessi,con pochi mezzi e gratuitamente,debbono impegnarsi a segnalare i problemi più vitali,a proporre con grande fatica leggi e misure istituzionali.Se e quando lo fanno trovano insensibilità,ostacoli burocratici,diffidenza e perfino boicotaggio istituzionale.Ciò mentre si blatera di trasparenza,di partecipazione popolare,di gestione emocratica delle istituzioni.Per concludere,il capitalismo è un sistema disumano ed ingiusto che,invece che risolvere i grandi problemi dei popoli e dei cittadini,li aggrava sempre più,facendo crescere malessere e disagi.Sentimenti che-grazie alla repressione ed ai mass-media-vengono però dirottati verso il qualunquismo e la rassegnazione.Bianca 2007

lupo42 ha detto...

Grazie per le tue considerazioni, Bianca 2007, che s'estendono a comprendere un po' tutte le morti, anche quelle che hanno meno "motivazioni ideologiche o di classe". E mi pare molto opportuna la sottolineatura delle cosiddette stragi sulle strade, uccisioni assai sottovalutate dal sentire comune e con costi sociali ed umani altissimi. Tuttavia è proprio il morire sul lavoro (ed accettare quasi come inevitabile questo fatto atroce) che io trovo immondo ! Ma, d'altra parte, ormai è diventata dominante la logica della flessibilità e della precarietà, che può portare solo ad un peggioramento della situazione, voglio dire ad accelerare il passaggio da costi individuali a costi sociali. Al riguardo parrebbe interessante l'ultimo libro di Luciano Gallino "Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità" edito da Laterza, che non ho ancora preso in libreria ma di cui ho letto una recensione. In esso Gallino mette in guardia l'occidente democratico di fronte all'offensiva di Cina, India, repubbliche ex-sovietiche che ha portato a contrarre i livelli di sicurezza per poter continuare ad essere concorrenziali. Addirittura l'autore teme che la globalizzazione dei mercati possa rappresentare un rischio per la stessa democrazia. E qui si aprirebbe un lungo discorso, ma prima voglio leggere Gallino. A più tardi.