venerdì 5 giugno 2009

Ricordo di Enrico Berlinguer


Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita.

Scelgo questa frase di Berlinguer per ricordarne la statura politica, a 25 anni dalla morte avvenuta a Padova. Egli si trovava in città per un comizio (si era alle battute conclusive della campagna elettorale per le elezioni europee) la sera del 7 giugno 1984 in Piazza dei Frutti. Verso la fine del discorso si sentì male, ebbe un ictus, fu trasportato in ospedale ed operato, ma il suo cervello era ormai devastato. Sarebbe morto pochi giorni dopo.
Tutti conoscono la vicenda, sanno del Presidente Pertini subito accorso, della generale partecipazione della gente in tutta Italia, della folla a San Giovanni per il funerale. Non serve parlare di queste cose, nè tantomeno rivedere su Youtube le immagini strazianti riprese sul palco di Padova e riascoltare le sue ultime parole, quando stava già morendo. Mi sembrerebbe di cattivo gusto.
Però una cosa la voglio ricordare, per farne partecipe chi non c'era e non ha visto. Mi riferisco alle migliaia di persone che, per tutte le lunghe ore dell'agonia di Berlinguer, sostarono in silenzio nel vecchio cortile dell'Ospedale Giustinianeo ed ai lati delle strade limitrofe. Non ho mai più visto in vita mia una così straordinaria partecipazione di popolo, di dignitoso dolore, di testimonianza. Uomini, donne, giovani, vecchi, tutti lì senza pronunciare parole ma semplicemente a testimoniare: sono qui, voglio far capire che anch'io prendo parte al dolore collettivo per la perdita di un uomo di valore, onesto, serio, pulito, magari ho altre idee in politica, la penso diversamente dai comunisti, ma voglio dare un segno, dimostrare la mia riconoscenza ad una persona che se lo merita.
E poi, durante il corteo funebre da Padova all'aeroporto di Venezia, chi se la scorda la folla assiepata ai lati della strada per 30 km. a tributare un silenzioso e riverente omaggio ? Se ci ripenso, ecco, mi viene spontaneo un confronto con l'emozione suscitata dal trasferimento in treno verso Roma del Milite Ignoto.
Dalla morte di Berlinguer sono passati 25 anni, soltanto pochi anni in fondo. Ma siamo così diversi oggi e sono cambiate così tanto le cose che ci pare di vivere in un'altra epoca, in un altro mondo. E non mi pare che sia migliore !
Lupo.

4 commenti:

gobettiano ha detto...

Quanti eventi si ricordano che hanno avuto luogo nel mondo nei primi giorni di giugno. La morte di Berlinguer è uno di questi. E mi piace molto che avendo idee diverse, purtuttavia riconosci un tributo magari ad un avversario che era e rimarrà comunque un grand'uomo di questo paese. E' un approccio che per quanto mi riguarda, da non comunista, anzi avversario, condivido e sottoscrivo.
luigi

Anonimo ha detto...

La posta in gioco
Scritto da Fabio Raja (alias lupodellasteppa)

A partire dal ciclone di “mani pulite”, la sinistra italiana ha maturato poche ma salde convinzioni.
La prima è che essa non è, e probabilmente mai lo sarà, maggioranza nel paese.
Per superare questo handicap, i partiti di sinistra dettero vita alla “grossa coalizione” che cercò di unire il possibile e l’improbabile: dai vetero-comunisti ai liberali, dai radicali laicisti ai cattolici fondamentalisti, dai trotzkisti ai riformisti, da Di Pietro a Mastella. Scoprirono di poter vincere le elezioni, anche se di strettissima misura, ma di non poter governare il paese. I disastri, d’immagine e sostanza, del Governo Prodi e la caduta verticale del consenso all’interno del loro stesso elettorato, li convinsero ad accelerare sul progetto dell’unificazione per dar vita al Partito Democratico.
Spente le luci su quel mirabolante spot pubblicitario che fu dell’incoronamento di Veltroni, il buon Walter, si rese conto che, con Prodi premier, la sua leadership non aveva significato e, parallelamente, senza una “discontinuità” nell’azione del Governo, lo stesso PD sarebbe rapidamente finito nel novero delle cose inutili. Da qui la famosa “vocazione maggioritaria”, vero e proprio colpo di pistola alla nuca di Romano Prodi e del suo governo.
Veltroni auspicava un governo di transizione (ricordate il famoso governo Marini che doveva fare la riforma del sistema elettorale, senza la quale il paese sarebbe precipitato nell’ingovernabilità e nel caos?) per prender tempo e far sbiadire il ricordo del Governo dell’Ulivo.
Ma il giochetto non riuscì e, costretto a misurarsi nelle urne con il centrodestra, il PD sperò che Casini potesse sottrarre qualche voto al Cavaliere e soprattutto si augurò che la rottura consumata con l’estrema sinistra potesse consentirgli di pescare voti tra quei moderati non del tutto entusiasti delle gesta del Cavaliere.
Il risultato delle politiche del 2008, e soprattutto quello delle successive amministrative, hanno regalato al centrosinistra la seconda certezza: fino a che Berlusconi sarà in sella, il PD non può sperare nel voto dei moderati ed anzi deve cercare di arginare la fuga delle classi popolari verso il centrodestra.
Queste due certezze hanno tolto ogni residua illusione di tornare a governare il paese nei prossimi anni e costretto il PD a giocare sulla difensiva per cercare di limitare i danni e, soprattutto, non perdere il controllo delle amministrazioni locali che attraverso le varie società partecipate, fondazioni e sanità, rappresentano il cardine del sistema clientelare e d’affari, vera spina dorsale del potere della sinistra sul territorio.
Il Presidente Napolitano si è lamentato dell’asprezza della campagna elettorale, Berlusconi denuncia aggressioni alla vita privata e imbarbarimento della lotta politica, ma la posta in gioco è altissima: è la sopravvivenza dell’apparato clientelare, del blocco d’interessi affaristici e di potere della sinistra. Vi sono parti del territorio della Repubblica amministrate da decenni dalla sinistra, non perché (o almeno non solo perché) ben governate, ma a causa dell’esistenza di un blocco di interessi così complesso, articolato e diffuso, da rendere la qualità della democrazia in quelle parti d’Italia, direbbe Franceschini, veramente scadente. Valga per tutte l’esempio della Campania e del Comune di Napoli, dove nonostante un fallimento di proporzioni drammatiche, la sinistra ha potuto governare per decenni.
Il vero test per la sinistra saranno non i risultati del Parlamento Europeo, ma il numero delle amministrazioni locali che riuscirà a conservare: su queste si gioca il futuro non solo del PD, ma di quel che resta della sinistra italiana.

Bianca 2007 ha detto...

GRAZIE!
Commentare sarebbe ombrare una luce che DEVE restare rumore,una commozione in più per un giorno già pesante di suo anche se i miei occhi sorridono.Bianca 2007

Anonimo ha detto...

in quei giorni eravamo assieme L. anche i ricordi personali sono molto meno dell'emozione collettiva. Direi oggi che è un patrimonio disperso e di Berlinguer non piacque l'intrasingenza. Quella che ci manca ora e che darebbe un significato vero alla proposta di cambiamento.