Ho letto un post, ieri, della brava Anna (una blogger sempre così intelligente e sensibile) che m’ha toccato parecchio, costringendomi a riflettere su una problematica che sento di non aver valutato come avrei dovuto, magari per superficialità o per scarsezza di informazioni o perché non ne sono stato toccato direttamente, dato che l’argomento droga per fortuna fu molto distante dalla mia vita, dai miei interessi e dai miei valori. Il post racconta l’addio alla vita di un uomo, preda della droga e duramente colpito negli affetti familiari, senza più un lavoro e una casa, finito in galera, divenuto un “barbone” per scelta perché rimasto sempre tossicodipendente e per questo marginalizzato, pur riuscendo a conservare ancora un che di innocente, persino un sorriso talvolta. Ebbene Anna negli anni giovanili ha condiviso con questa persona una consuetudine di sogni, speranze e lotte: ella parla di “battaglie politiche, cortei, ideali assorbiti e sbandierati, fermento di idee e di anime”. E lascia trasparire una sincera e dolorosa partecipazione, quasi un senso di colpa per essere riuscita, solo lei e pochi altri, a sfuggire ai terribili tentacoli della “affascinante, suadente, incantatrice” signora bianca (così viene definita l’eroina), una tragedia che sembra aver segnato quasi un’intera generazione di giovani. E distrutto corpi e anime, perché “quando la signora arriva non c'è spazio per altro: è un grande amore, di quelli totalizzanti, quelli che non ti fanno vivere se non con lei e di lei”. Ripeto, il post è molto bello e intenso, corredato di parecchi commenti (potete leggere il tutto qui).
Ciò che mi interessa è riuscire ad esprimere sull’argomento tossicodipendenza un paio di considerazioni che abbiano un senso, prendendo spunto dalla straziante vicenda umana raccontata da Anna, con la speranza di non urtare la sensibilità di nessuno e, se possibile, di non dire sciocchezze. La materia è di quelle gravi, anzi drammatiche, dunque so che andrebbero evitati semplificazioni e qualunquismi. Però sento di dover essere onesto, di dover dire francamente come la penso, anche a costo di sembrare troppo brusco e tranchant. Dunque, in questa come in altre vicende similari ho l'impressione che dietro ci sia come una premessa che si dà per scontata, un ragionamento che non mi convince del tutto, che viene espresso più o meno chiaramente nel post in questione e nei vari commenti, ed è il seguente. Quelli che si drogavano all’inizio degli anni 70 in fin dei conti erano i giovani migliori, quelli pieni di ideali, di sogni, quelli che lottavano per cambiare il mondo; non solo, ma ci fu una specie di disegno criminoso per renderli inoffensivi e toglierli di mezzo, la diffusione dell'eroina appunto. Allora mi chiedo: ma gli altri giovani, quelli che non si drogavano o che comunque sono riusciti a liberarsi dalla schiavitù dell’eroina, erano forse la parte peggiore del movimento giovanile dal 68 in poi ? Quale fu, dunque, "la meglio gioventù" ? Quella che lottava nelle fabbriche, nelle piazze e nelle scuole per avere più libertà e giustizia, che voleva costruire qualcosa di positivo e s'impegnava confidando nella partecipazione (come diceva Gaber); o invece quella che si perdeva per strada, certe volte affascinata e ingannata da cattivi maestri, certe altre rincorrendo sogni mistificatori e fallaci, con l'unico esito coerente, cioè il fallimento ? Con tutta l'umana comprensione per il dolore che ha spezzato anime e corpi di tanti ragazzi, e consapevole che il passato non va mai rinnegato, nonostante ciò non riesco ad accettare, mi si passi il termine, la presunzione di certe posizioni, adesso come allora. Non ho mai pensato che per dimostrare di possedere ideali e credere in un mondo migliore, lottare per la libertà sessuale o contro l’autoritarismo, ecc. bisognasse far uso di droghe, mentre non facendolo si finiva per essere delle banali persone “normali”. Quand’ero giovane non mi sembrava un granchè ciò che qualcuno blaterava, e cioè che ci volesse più coraggio a scegliere di drogarsi che non a vivere una vita “normale”, studiando e lavorando. Ed oggi non mi convince la tesi che in quegli anni non si potessero immaginare le conseguenze devastanti dell’uso di droghe. A me pare che fosse una specie di moda. Si cominciava con l’erba, tanto non fa male (è peggio la nicotina, no ?) mentre in certi ambienti radical-chic la facevano da padroni l'LSD ed i suoi guru. Poi si passava a droghe sempre più pesanti, finendo lentamente ma inesorabilmente per diventare schiavi. Altro che la liberazione sognata e sbandierata ! Partendo dal dogma che non si poteva più sottostare ad alcun divieto, che tutto doveva essere permesso e senza limiti perchè tutto doveva cambiare, molti sono giunti fino a gettarsi in abissi di disperazione. E il clima qual era ? Se volevi essere di sinistra non dovevi schierarti contro la droga, o quantomeno dovevi avere un atteggiamento permissivo e comprensivo, sempre e comunque. Beh, anche oggi mi capita di litigare con amici di sinistra quando, nel classico caso della vecchietta scippata, non se la sentono per niente di condannare lo scippatore, perché bisogna vedere se è delinquente per davvero … La colpa è sempre di qualcun altro, della società, del potere, del neocapitalismo e così via. Ora, so benissimo che non bisogna criminalizzare il tossicodipendente e dimenticarci dei venditori di morte, dai cartelli colombiani ai piccoli spacciatori. Però se vogliamo essere onesti dobbiamo riconoscere che il mondo dei tossicodipendenti è totalizzante, nel senso che il tossico sostiene che lui è meglio di te, che lui ha capito tutto, sa cos’è la felicità, sa come si deve vivere la vita; tu che non ti droghi non vali un cazzo e, se provi a criticare, non sei altro che un fascista. Qualcuno ha detto che la vita non è stata generosa con la generazione del 68. Non sono molto d’accordo: dinanzi ad essa si offrirono tante possibilità, tanti vantaggi, ci fu una crescita incredibile della società, tanti cambiamenti nel costume e nei valori, l'emancipazione femminile, una libertà impensabile solo vent’anni prima. Tutto ciò fu una conquista, è innegabile. Peraltro il 68 ha recato con sé anche diversi guai: il terrorismo fu il più grave e pericoloso per la democrazia, ma ebbe il suo peso anche la scomparsa di alcuni valori con la conseguente crisi della scuola e della famiglia, ad esempio. Fu pernicioso alla lunga, secondo me, pure il diffondersi di un atteggiamento troppo permissivo (oggi si direbbe buonista) nei confronti della droga e dei tossicodipendenti, che non voglio dire essere l’unica causa del dilagare del fenomeno droga, ma sicuramente una con-causa. Oggi il fenomeno è cambiato, ma il problema resta. Se l'immagine del tossico con l'ago ficcato nel braccio è meno frequente che in passato, oggi vediamo che la dipendenza (compresa quella da alcool) s'è diffusa in lungo ed in largo, in tutti gli strati sociali, prendendo forme diverse: c'è lo sballo del week-end, per stordirsi ed andare sempre al massimo, e c'è persino il bisogno di impasticcarsi per poter reggere ai ritmi sempre più pazzeschi di certi ambienti. Oggi il "tenersi su" è diventato uno stile di vita, difficile da correggere soprattutto per gli esempi che vengono dai media ed in generale dal mondo dello spettacolo e del gossip. Quando sento affermare di fronte a tragici fatti come quello di cui ci ha parlato Anna, esito penoso e straziante di una vita buttata via, che quei poveretti non si meritano ciò che gli accade, mi confermo al contrario nella convinzione che siamo comunque sempre noi e solo noi i veri responsabili delle nostre scelte. Sono convinto che su questa verità bisognerebbe far riflettere i nostri giovani. Non si può parlare di fatalità. Infatti la “signora bianca” non è come il Tir che ti piomba all’improvviso addosso in autostrada, saltando il guard-rail e portando distruzione e morte a dei poveri innocenti.
Lupo.